Corso base di primo livello Apr/Mag 2015: cronostoria

 lunedì 15 Giugno, ultimo atto


Con l'ottava e ultima lezione si è chiuso il corso di fotografia di primo livello con i ragazzi del bimestre Aprile/Maggio 2015.
Copione rispettato con la consegna degli attestati e un arrivederci al prossimo 22 Giugno, lunedì, dove gran parte del gruppo si ritroverà di nuovo insieme per affrontare il nuovo step: il corso di secondo livello!

E lo avevamo capito fin dalle prime lezioni che molti di loro avrebbero continuato...


Il nuovo gruppo di corsisti del corso base di primo livello Apr/Mag 2015 è al solito composto in maggioranza donne: ma questo non fa più notizia.
La prima lezione, come da prassi, ci permette di "rompere il ghiaccio" e conoscere meglio (soprattutto cercando di ricordare tutti i nomi), i ragazzi e le ragazze che si accingono ad iniziare questo percorso formativo alla "scoperta" della fotografia. Un bel gruppo (nove elementi) affiatato fin dalle prime battute e voglioso di imparare.

Nel primo step parliamo di Storia della fotografia, a cominciare dagli arbori e dalla prima macchina fotografica, il foro stenopeico, che costruiamo tutti insieme e con il quale realizzeremo la prima fotografia ufficiale del corso.

La Camera Obscura (o Foro Stenopeico).
Fu Aristotele nel quarto secolo a.C. a costruire un marchingegno capace di catturare un immagine e proiettarla su di un foglio di carta. Marchingegno che nei secoli si è perfezionato sempre di più fino alla metà del cinquecento quando venne aggiunta una lente ottica e in seguito un diaframma per migliorarne la qualità dell'immagine.
Giovanni Antonio Canal detto Canaletto
I primi a farne uso furono i pittori paesaggisti: le opere più significative sono sicuramente del Canaletto o di Guardi: le proiezioni durante la lezione hanno aiutato i nostri ragazzi a capire meglio l'uso che si faceva della camera obscura.



Con la scoperta dei sali d'argento sensibili alla luce,  ad opera di Jhoann SchulzeJoseph Niépce nel 1827 dalla finestra del suo laboratorio, per mezzo di una lastra di peltro trattata con bitume di Giudea, realizzò la prima fotografia della storia.
Ci vollero ben otto ore di luce per ottenere quell'immagine.

Vista dalla finestra a Le Gras

Poi l'evoluzione ha fatto il resto fino ai giorni nostri, dove l'avvento del digitale ha ampliato la fotografia di massa e la diffusione sempre più incessante di immagini fotografiche.

Ma torniamo al nostro foro stenopeico.
La costruzione di un foro stenopeico non necessita di chissà quali materiali o maestrie d'ascia: tutti possono farselo in casa, con risultati sorprendenti.
Sono sufficienti un paio di forbici, un taglierino, una riga, un rotolo di scotch nero pesante di media larghezza, un ago molto sottile e un foglio di Carta di Spagna, facilmente reperibile nelle migliori ferramenta. Più naturalmente, un cartone abbastanza consistente (per durezza e spessore) che costituirà "il telaio" (o corpo) della nostra camera obscura (foro stenopeico). 




Terminata la fase di assemblaggio, non ci resta che trovare un soggetto volontario che sia disposto a stare immobile per svariati minuti affinché la lastra fotografica possa esporsi correttamente. Perché i tempi di posa di un foro stenopeico sono molto lunghi.
Teniamo presente che un foro di un diametro di 0,3mm (circa), corrisponde più o meno ad un diaframma f 164. E allora l'immobilità è...d'obbligo!
E Giorgio è stato...immobile!


In verità il risultato non è stato granché ma considerate le condizioni in cui siamo stati "costretti" a lavorare con la nuova sede ancora in fase di ristrutturazione, di più non abbiamo potuto fare. Ma ripeteremo lo scatto, in tempi migliori.

Dalla seconda lezione, dedicata ai principali concetti tecnici, si comincia a fare sul serio.

Come funziona una macchina fotografica?

Il concetto base di ogni tipo di fotocamera è sempre lo stesso: la luce entra attraverso una lente (obiettivo), colpisce uno specchio (detto di ribaltamento) posto a 45° all'interno della macchina che la devia verso un altro specchio posto all'interno di un "box" detto pentaprismaQuesto, a sua volta, ci permette di vedere l'immagine corretta dal mirino. E' grazie a questo sistema di riflessioni se noi vediamo l'immagine al dritto e non capovolta, proprio come accade nel caso del foro stenopeico (visto nella prima lezione), oppure nel banco ottico da studio, che è sprovvisto di questa sistema di specchi.

Quindi, quando puntiamo verso un soggetto con la nostra macchina fotografica, stiamo vedendo un'immagine che arriva al nostro occhio attraverso una serie di specchi. Ma nel momento in cui facciamo click, cioè scattiamo, il primo specchio si alza e l'immagine, "trasportata" dalla luce, colpisce la pellicola, o il sensore, che si trova dietro di esso ed imprime la nostra fotografia. Questo grazie all'otturatore, posto dietro lo specchio di ribaltamento e davanti alla pellicola (o sensore), che al momento dello scatto si apre e permette alla luce di passare.

L'otturatore permette alla luce (attraverso l'obiettivo) di passare all'interno della macchina ed impressionare la pellicola o il sensore (nel digitale).

Gli elementi fondamentali che servono a determinare l'esposizione di una fotografia sono il diaframma e il tempo di posa.

Il diaframma è quello strumento che regola la quantità di luce che entra nella macchina fotografica attraverso l'obiettivo, ed impressiona la pellicola (o il sensore, nel caso del digitale), posta nella parte inferiore denominata dorso.



La scala dei diaframmi è composta dai seguenti valori indicati con f: f1; f1,4; f2; f2,8; f4; f5,6; f8; f11; f16; f22 (esistono obiettivi che hanno diaframmi fino a f64 che si utilizzano soprattutto nelle fotocamere di grosso formato come il Banco Ottico)
Più è piccolo il valore numerico (ad es 1) maggiore sarà l'apertura del diaframma; più è grande (ad es f 22) più il diaframma risulterà chiuso (quindi che lascia passare meno luce).

L'apertura del diaframma incide per diversi fattori sull'immagine fotografica; il principale è sicuramente la profondità di campo.

La profondità di campo è quello spazio che esiste davanti e dietro ad un soggetto a fuoco, che risulti completamente nitido.

foto Elisabetta Azzacconi

A seconda della scelta del diaframma (ma non solo, poi lo vedremo in seguito), possiamo determinare una differenza sostanziale tra un'immagine in cui vogliamo che un solo soggetto sia messo in evidenza,

foto Dalila Tramannoni
oppure che venga messa in evidenza tutta la scena fotografata.


foto Veronica Gonzalez

Più il diaframma sarà chiuso, maggiore sarà la profondità di campo
Oltre al diaframma, ad incidere sulla profondità di campo sono anche gli obiettivi (che affronteremo in una lezione ad hoc).  Qui ci limitiamo a dire che la profondità di campo sarà maggiore con obiettivi grandangolari mentre sarà molto ridotta con obiettivi di tipo tele o medio-tele.

Oltre al diaframma il secondo elemento fondamentale è il tempo di posa.

Il tempo di posa è la durata in cui l'otturatore resterà aperto per far passare la luce che impressionerà la pellicola o il sensore della macchina fotografica.



I tempi di posa, quindi, rappresentano la velocità dell'otturatore. Anch'essi sono riconoscibili attraverso una scala di valori:
1s, 2s, 4s, 1/4 di secondo, 1/8 di secondo, 1/15ds, 1/30ds, 1/60ds, 1/125ds, 1/250ds, 1/500ds, 1/1000ds (questi sono i valori standard della maggior parte delle macchine fotografiche)

Esiste una funzione supplementare detta posa B: impostando il cursore dei tempi sulla posizione B, al momento dello scatto, l'otturatore resterà aperto per tutta la durata in cui il pulsante di scatto resterà premuto. Al rilascio del pulsante di scatto, l'otturatore si chiuderà (l'utilizzo di questa funzione implica necessariamente l'uso di un cavalletto).

A seconda della velocità dell'otturatore, si possono ottenere diversi risultati: se fotografiamo un soggetto in movimento, con un tempo di posa lungo (ad es 1/15 di secondo), questo risulterà mosso ( da qui l'effetto di mosso),


foto Valentina Mezzabotta

Al contrario, utilizzando un tempo di posa molto breve (ad es 1/125 di secondo), il soggetto risulterà completamente fermo (in gergo congelato).

foto Stefania Pulita


La scelta del tempo di posa, insieme al diaframma, è determinante in funzione del risultato finale che si vuole ottenere. Ma non solo.

Il diaframma e il tempo di posa insieme (con un altro elemento quale la sensibilità della pellicola o del sensore), determinano la giusta quantità di luce necessaria per realizzare una corretta esposizione e di conseguenza una buona fotografia: almeno sotto l'aspetto puramente tecnico. 

Questo binomio è conosciuto come: coppia tempo/diaframma (EV)

La coppia tempo/diaframma, detta anche EV ( valore esposimetrico),  ci permette di calcolare la corretta esposizione, cioè la giusta quantità di luce necessaria a far si che la nostra foto sia perfetta sotto l'aspetto della luminosità e del colore.




Per calcolare la corretta coppia tempo/diaframma (EV), la fotocamera dispone di un esposimetro che ci permette di misurare la luce (il suo valore) e il suo corrispettivo tradotto in tempo di posa e diaframma. 

L'esposimetro è quello strumento che ci permette di misurare la luce presente nella scena da fotografare.

L'esposimetro può essere interno (allocato dentro la fotocamera) oppure esterno, di solito usato in studio, ma non solo.
Si può utilizzare in modalità differenti: si dice lettura esposimetrica spot quando la zona misurata è concentrata in un punto ben definito (ad es il viso di un soggetto).


La lettura esposimetrica media utilizza tutto il campo inquadrato senza tenere conto delle differenze di luce che possono esistere tra una zona molto illuminata e una zona d'ombra.


La lettura esposimetrica a prevalenza centrale (semispot) concentra la misurazione in due zone: una centrale e un'altra per il resto dell'inquadratura. La lettura prevalente è comunque quella centrale.


Le moderne macchine fotografiche, sempre più avanzate, hanno introdotto altri sistemi di lettura esposimetrica, ma per il momento ci soffermeremo a questi tre tipi.
Queste letture, a seconda dei casi, ci permettono di calcolare in maniera molto precisa la quantità di luce necessaria che serve per esporre il nostro sensore o la nostra pellicola.
Utilizzando la macchina in modalità Manuale, grazie all'esposimetro noi possiamo calcolare la giusta coppia tempo/diaframma e scegliere, di conseguenza, se privilegiare la profondità di campo (ad es per evidenziare un soggetto in primo piano, o viceversa), piuttosto che il tempo di posa

La conoscenza di questi elementi fondamentali della macchina fotografica ci permette di poter realizzare si delle foto corrette (seguendo alla lettera le indicazioni dell'esposimetro), ma soprattutto di poter decidere autonomamente (senza l'uso di sistemi automatici presenti nelle fotocamere), quale risultato o effetto vogliamo "imprimere" alla nostra immagine fotografica.

Ma in realtà, non sono (non da soli) tutti questi accorgimenti tecnici che ci permettono di realizzare una fotografia emozionante. Si, ci aiutano certo. A volte fanno la differenza, ma cosa rende un'immagine unica?
Beh, ovvio, l'occhio del fotografo, cioè la capacità, diversa in ognuno di noi, di saper cogliere l'attimo giusto.
Ma qual'è l'occhio della nostra macchina fotografica? l'obiettivo (o ottica)



Gli obiettivi fotografici sono i “nostri occhi” quando scattiamo una fotografia. E' grazie alla loro qualità che una fotografia può fare la differenza. 
L'immagine, “trasportata” dalla luce fin sul piano pellicola, passando attraverso la serie di lenti (che variano per numero a seconda del modello) contenute all'interno del “bussolotto” (obiettivo), “esprime” le sue potenzialità in funzione della qualità della lente stessa. Fattori come l'incisione il contrasto o la definizione dell'immagine, sono determinati dalla qualità dell'obiettivo che rappresenta una parte molto importante, per non dire fondamentale, sulla resa finale.
Pensateci quando acquistate una macchina fotografica: non è il corpo, con tutti i suoi marchingegni tecnologici a fare la foto, ma l'obiettivo.
Ne esistono di numerose marche, che ne producono i più svariati modelli; tutti più meno buoni, alcuni di assoluta qualità.

Gli obiettivi fotografici si dividono in tre categorie principali: il normale, il grandangolo e il teleobiettivo; poi esistono delle sotto-categorie costituite da una serie di obiettivi detti “speciali” come i super grandangolari (fisheye), o i lungo fuoco (maggiormente indicati per il ritratto).
La lunghezza focale di un obiettivo si misura in millimetri e questa può essere fissa, cioè l'unica misura possibile per quell'obiettivo (ad es 50mm), oppure può variare con un'escursione ottica che va da grandangolo a teleobiettivo, oppure da normale a teleobiettivo, da grandangolo a normale (le combinazioni sono tantissime), in unico obiettivo notoriamente conosciuto come zoom.
Per identificare al meglio le tre principali categorie, grandangolo, normale e tele, possiamo dire che:

è considerato grandangolo un obiettivo in cui la lunghezza focale è inferiore ai 35mm
è considerato normale un obiettivo in cui la lunghezza focale è compresa tra 35mm e 60mm
è considerato teleobiettivo un obiettivo in cui la lunghezza focale è superiore ai 60mm.

foto Martina Gasparroni


E così dopo aver esaurito tutti i principali argomenti dedicati alla tecnica di base, i concetti fondamentali, eccoci arrivati alla lezione di ieri sera, l'ottava, in cui abbiamo affrontato l'ultimo tema assegnato ai nostri corsisti.
Un tema fotografico attraverso lo studio di un capostipite della storia della fotografia, Edward Weston.

Ai ragazzi è stato assegnato il compito di realizzare una fotografia "copiando" a loro scelta un'immagine dell'archivio del grande artista.
Perché copiare?
Perché è così che abbiamo imparato noi, negli anni della scuola prima, nei primi passi della carriera lavorativa poi. Perché è solo prendendo esempio dai migliori che si diventa davvero bravi. Si capisce il senso della composizione e l'importanza della luce. La cura dell'inquadratura e la capacità di raccontare con un'immagine fotografica.

Questa lezione rappresenta il punto di contatto con quello che sarà il programma del corso di secondo livello, in cui tutto si baserà sullo studio dei grandi autori e di come siano riusciti ad entrare nella storia attraverso le loro immagini.
Al prossimo step.


PROSSIMAMENTE:

- Workshop one day di sei ore in sala posa. Argomento: Fashion, come si realizza uno shooting fotografico in studio o location con una modella professionista. Conduttore Francesco Musati.

- Corso di digitale e post-produzione livello Base. Dall'impostazione sulla macchina ai software di photoeditor. Quattro lezioni per un totale di otto ore. Conduttore David Fazzini 

- Camera Oscura: lo sviluppo della pellicola. Quattro lezioni per un totale di 12 ore. Conduttore David Fazzini.

- Camera Oscura: la stampa ai sali d'argento. Quattro lezioni per un totale di 12 ore. Conduttore David Fazzini.

Per info e prenotazioni: Costi e Iscrizione specificando il corso al quale si è interessati.










Nessun commento:

Posta un commento