Il Foro stenopeico
Nemmeno il tempo di "smaltire" i corsi Gennaio - Marzo, che eccoci pronti a ripartire con un nuovo gruppo, in un nuovo bimestre (Aprile - Maggio), carichi come sempre di entusiasmo e voglia di fare.
E la prima lezione, come di consueto, è dedicata alla Storia della fotografia e alla costruzione della prima macchina fotografica della storia: il foro stenopeico.
Già Aristotele nel quarto secolo a.C. costruì un gigantesco marchingegno capace di catturare un immagine e proiettarla su di un piano. Questo marchingegno chiamato camera obscura (le dimensioni erano in effetti pari a quelle di una stanza) nei secoli si è perfezionato sempre di più fino alla metà del cinquecento quando, venne aggiunta una lente ottica e in seguito un diaframma per migliorarne la qualità dell'immagine.
Giovanni Antonio Canal detto Canaletto
|
I primi a farne uso furono i pittori paesaggisti: le opere più significative sono sicuramente del Canaletto o di Guardi: le proiezioni durante la lezione hanno aiutato i nostri ragazzi a capire meglio l'uso che si faceva della camera obscura.
Poi un medico tedesco, Jhoann Schulze, fece la scoperta epocale: i sali d'argento erano sensibili alla luce. Nacque la fotografia!
Vista dalla finestra a Le Gras
|
Dalla prima immagine della storia, realizzata da Joseph Niépce nel 1827 dalla finestra del suo laboratorio con una lastra di peltro trattata con bitume di Giudea, la fotografia si è evoluta attraverso scoperte incredibili e spesso casuali; come quella di Louis Daguerre che, lasciata nel suo armadio chiuso una lastra d'argento sensibilizzata ed esposta alla luce, si accorse successivamente che l'immagine latente si era sviluppata grazie ai vapori di mercurio sprigionati da un termometro che sia era rotto all'interno dell'armadio. Era nato il dagherrotipo.
Dagherrotipo del 1837
|
Contemporaneamente a Daguerre, in un altro angolo del mondo, Henry Fox Talbot, al quale si può attribuire la scoperta del "callotipo", realizzò delle immagini negative su carta trattata con nitrato d'argento e sale comune che, stampata per contatto, dava delle immagini positive. Era nato il negativo fotografico.
Con il passare degli anni la tecnologia si è concentrata sul miglioramento dei materiali fotosensibili, permettendo in primis di ridurre i tempi di esposizione che, soprattutto nel periodo vittoriano, dove il ritratto fotografico si sviluppò a tal punto che il fotografo si sostituì al pittore, costringevano i soggetti fotografati a stare immobili davanti alla macchina fotografica per diversi minuti. Il fotografo, a tale scopo, utilizzava attrezzi di vera e propria tortura.
E come in ogni corso, il momento è... Art Attack® !
I ragazzi del nuovo corso, superato l'imbarazzo iniziale, tipico di ogni inizio corso, ci hanno dato dentro nella costruzione della "scatola" che conterrà il foglio di carta sensibile alla luce, in cui s'imprimerà la nostra prima fotografia.
La precisione è importante e i ragazzi se la sono cavata alla grande.
Farsi una macchina fotografica "in casa" non vuol dire procurarsi chissà quali materiali: sono sufficienti un paio di forbici, un taglierino, una riga, un rotolo di scotch nero pesante di media larghezza, un ago molto sottile e un foglio di Carta di Spagna, facilmente reperibile nelle migliori ferramenta. Più naturalmente, un cartone abbastanza consistente (per durezza e spessore) che costituirà "il telaio" (o corpo) del nostro foro stenopeico.
Preparato il set di posa, abbiamo sistemato il foro stenopeico per il primo "scatto ufficiale del corso aprile - maggio 2014".
Tempo di esposizione: 25 minuti!
L'illuminazione è data da due lampade a luce continua da 1000watt cad. Pensate quando i soggetti erano persone in carne ed ossa.
positivo |
negativo |
A destra c'è il negativo realizzato con il foro stenopeico, nel quale abbiamo inserito un foglio di carta fotografica (nello specifico carta bianco e nero) ed esposto alla luce per 25 minuti. Poi successivamente lo abbiamo sviluppato in bacinella per un minuto e mezzo e correttamente fissato con iposolfito di sodio (vedremo meglio la Camera Oscura nella lezione specifica).
Una volta asciugato il nostro negativo, per ottenere l'immagine in positivo (immagine a sinistra) non è bastato far altro che mettere a sandwich il negativo con un altro foglio di carta fotografica con le medesime dimensioni (10x15 cm) ed esporlo alla luce di un ingranditore per il tempo necessario affinché la stampa finale sia corretta in densità e contrasto.
L'immagine (decisamente terrificante) lascia intuire quanto fascinosa e interessante sia la tecnica del foro stenopeico. Ancora utilizzata da moltissimi fotografi.
Ma come funziona in realtà il nostro foro stenopeico: esattamente come la nostra macchina fotografica, che sia in pellicola o digitale con l'unica differenza che, mentre nel foro stenopeico l'immagine trasportata dalla luce arriva diretta sul piano pellicola (proprio come succede nel Banco Ottico o negli apparecchi fotografici a pozzetto) e risulta rimpiccolita e capovolta (proprio come all'interno dell'occhio umano), sulla nostra Reflex la luce viene "deviata" da una serie di specchi posta all'interno del dorso e del pentaprisma, che ci permettono di vedere l'immagine correttamente.
Nella foto a fianco si può notare perfettamente il percorso che la luce fa all'interno della macchina fotografica.
Quando stiamo inquadrando un soggetto, noi vediamo l'immagine al dritto grazie agli specchi; poi al momento dello scatto lo specchio, posto subito dietro l'obiettivo, si alza facendo in modo che la luce colpisca il negativo o il sensore posto sul fondo del dorso.
Per chiarire ulteriormente il concetto di camera obscura abbiamo proiettato il filmato che spiega il fantastico lavoro di un artista cubano, Abelardo Morell, che, oscurata una stanza di albergo a Venezia, ha fotografato con il suo banco ottico l'immagine che veniva proiettata all'interno della stanza, grazie ad un pertugio da cui filtrava un piccolo fascio luminoso.
In questo filmato potete ammirare il suo lavoro (visione consigliata)
Bene, e la prima lezione è in archivio.
Con la prossima entriamo nel vivo del corso: al prossimo step.
Nessun commento:
Posta un commento