Corso Base sesta lezione: lo sviluppo della pellicola



Camera Oscura


Dopo la pausa "forzata" (ma necessaria, in un corso così intenso come il nostro) della settimana scorsa, il "cammino" riprende con la sesta lezione dedicata interamente alla fotografia analogica e più specificatamente, allo sviluppo della pellicola
Finalmente entriamo in camera oscura, alla scoperta di un mondo affascinante che nemmeno il digitale più avanzato riuscirà mai a far scomparire: e i nostri ragazzi hanno cominciato a capire il perché!


La scorsa settimana il corso base ha "osservato" un turno di riposo ma per alcuni dei nostri ragazzi non è mancata comunque la possibilità di mettere mano alla propria macchina fotografica (e mettere in pratica quanto imparato nel nostro corso, ci piace pensare) grazie al concorso fotografico al quale hanno aderito sabato 22 Giugno, in occasione della splendida manifestazione del Body Painting, a P.S.Giorgio, per il primo Concorso Internazionale di Pittura del Corpo
Dai primi scatti visionati insieme possiamo dire senza alcun ombra di dubbio che sono stati fantastici: davvero bravi!!! ma di questo parleremo in maniera più approfondita nei prossimi giorni, quando nel nostro blog pubblicheremo un resoconto completo dell'evento, con foto e tante curiosità.

Ma torniamo alla nostra sesta lezione con la quale ieri sera abbiamo ricominciato il nostro percorso di studi.

La sesta lezione è stata interamente dedicata alla fotografia analogica: perché se è pur vero che oramai il digitale è il "sistema" più diffuso, capire le origini della fotografia solo a livello didattico o discorsivo non è sufficiente (dal nostro punto di vista); e considerando il fatto che di buone pellicole in commercio ancora se ne trovano (per quanto ancora?), e qualcuno dei nostri corsisti è attrezzato con fotocamere analogiche, quale miglior modo se non quello di "toccare con mano". E così, eccoci proiettati nell'affascinante mondo della camera oscura: ma non prima di aver spiegato un paio di regole fondamentali, ma soprattutto, del tipo di attrezzatura che utilizzeremo per sviluppare la pellicola fotografica.

Senza entrare troppo in dettagli tecnici, è doveroso spiegare come la pellicola fotografica sia composta e come questa "reagisce" una volta colpita dalla luce attraverso l'apertura dell'otturatore della macchina fotografica.

Una pellicola fotografica (parliamo esclusivamente di pellicola bianco&nero: per quella a colori ci sarebbe bisogno di più tempo e di un corso un pò più avanzato) è formata da un supporto di poliestere e da un emulsione (detta emulsione fotografica) di sali d'argento (alogenuri d'argento) sensibili alla luce. 

I sali d'argento (nitrati) vengono sciolti in una soluzione composta da gelatina di origine animale e da alogenuri alchilici, quali il bromo, il cloro e lo iodio. Questi cristalli sensibili alla luce possono essere di varie dimensioni a seconda della sensibilità della pellicola.
Più sarà grande la dimensione dei cristalli, maggiore sarà la sensibilità della pellicola (ad es: una pellicola 50 ISO/ASA avrà un cristallo più piccolo rispetto ad una pellicola di sensibilità 3200 ISO/ASA).

Questo è un aspetto molto importante nella scelta della pellicola da utilizzare al momento dello scatto perché se da un lato un'alta sensibilità (3200 ISO) ci permette di fotografare anche con una scarsa fonte di luce (ad es all'interno di un locale poco illuminato), si deve tenere conto del fatto che la grana, (cioè il cristallo d'argento fotosensibile) sarà più grande e quindi più evidente nella stampa fotografica che andremo a realizzare con quella pellicola.

Come abbiamo sottolineato, mentre nel digitale quella che viene erroneamente definita "grana" altro non è che un disturbo del sensore nella conversione della luce in segnale elettrico, detto comunemente rumore (noise), che nel 99,9% dei casi "danneggia l'immagine fotografica", ed è quindi un difetto oggettivo, nella pellicola la grana può rappresentare un valore aggiunto: una peculiarità che rafforza il carattere dell'immagine. Naturalmente nel caso della pellicola questo è un lato del tutto soggettivo: ci sono fotografi che preferiscono pellicole ad alta sensibilità, che esaltino la grana, al contrario di altri che invece utilizzano solo pellicole di bassa sensibilità (oppure pellicole denominate DELTA, per la loro particolare conformazione dei cristalli, appunto a forma di delta), proprio perché la loro grana è talmente fina (piccola) che non compromette troppo la definizione dell'immagine.

Esistono due tipi di pellicole, quella negativa e quella positiva (invertibile o diapositiva) e possono essere di svariati formati a seconda della macchina fotografica di utilizzo.
Nelle fotocamere Reflex formato Leica la pellicola è di formato 24x36mm (o 35mm); nelle medie formato tipo Hasselblad è 6x6cm. Le pellicole di grosso formato (anche fino a 20x30cm) vengono definite come pellicole piane.

Quando la pellicola viene colpita dalla luce (al momento dello scatto), l'argento in essa contenuto forma la cosiddetta immagine latente, cioè la nostra fotografia ancora invisibile ai nostri occhi: sarà per mezzo del processo chimico di sviluppo che potremo trasformare l'argento esposto in argento nero metallico e dare vita al nostro negativo: la base della nostra immagine fotografica.

Pellicola 35mm e spirale 
Prima di operare in fase di sviluppo dobbiamo caricare la nostra pellicola in un attrezzo chiamato spirale (così definito perché la pellicola sarà avvolta all'interno di una spira che non permetterà alle superfici di toccarsi tra loro). Una volta caricata nella spirale, la pellicola, per mezzo di un anima centrale di plastica, verrà inserita in un contenitore a tenuta di luce detto tank (o tank di sviluppo) che si chiuderà con un tappo. Il sistema a tenuta di luce della tank di sviluppo non permette alla luce di entrare all'interno (e rovinare la nostra pellicola), ma permette di versare i liquidi necessari per lo sviluppo grazie proprio all'anima centrale.

Cosa molto importante, l'intero procedimento deve essere eseguito completamente al buio assoluto!

         
             Caricamento nella spirale
Inserimento nell'anima centrale

Tank di sviluppo



Una volta caricata la tank, si accende la luce e si procede alla preparazione dei bagni di sviluppo.

Il processo chimico dello sviluppo di una pellicola (sempre BN) si divide in quattro fasi più due fasi finali: sviluppo, arresto, fissaggio e lavaggio. Terminato il lavaggio si immerge la pellicola in un bagno imbibente (anti calcaree). Infine, si lascia asciugare (all'aria, o in appositi forni).

Lo sviluppo, composto da un agente chimico alcalino (PH superiore a 7) è un rivelatore che trasforma l'argento esposto in argento nero metallico e rende visibile l'immagine latente.

Ne esistono di molti tipi, tutti con caratteristiche differenti a seconda del tipo di pellicola da sviluppare.
I più comuni sono a base di metolo ed idrochinone. La preparazione dello sviluppo varia a seconda del tipo. Ci sono sviluppi in polvere e liquidi concentrati: entrambi si preparano con una parte di prodotto base più un tot di parti di acqua. I più comuni hanno un rapporto di 1a4.

Il bagno di arresto è un composto acido (PH inferiore a 7) costituito da acido aceto glaciale. La sua funzione è quella di bloccare il processo di sviluppo.

La preparazione è standard: una parte di acido e 40 di acqua (ma può variare).

Il fissaggio è un bagno di soluzione acida che ha la duplice funzione di fissare l'immagine (cioè renderla stabile) ed eliminare tutto l'argento che non è stato esposto alla luce al momento dello scatto (ad esempio le zone scure di un soggetto).

I fissaggi più comuni sono costituiti da iposolfito di sodio (ma ne esistono diverse tipologie). Il rapporto di diluizione con acqua varia da 1:4 a 1:9 a seconda dei tipi di fissaggio.

L'imbibente (va benissimo del sapone neutro) è un anti calcaree che impedisce all'acqua corrente (che ne è ricca) di lasciare macchie o tracce che potrebbero danneggiare la nostra pellicola, o rovinare le nostre stampe con aloni.

Lo sviluppo della pellicola è la fase più importante di tutto il lavoro di un fotografo. Come ci ricordava Ansel Adams,  uno dei Grandi Maestri della Fotografia, "sviluppare una pellicola equivale a scrivere delle note musicali su uno spartito". E' un momento unico, irripetibile, personale.
La stampa finale può essere eseguita all'infinito ma lo sviluppo, una volta fatto, è quello per sempre e se avremo commesso degli errori gravi, quelli resteranno per sempre impressi nella nostra pellicola.

E' per questo che ci vuole molta pratica ed esperienza per riuscire a sviluppare bene una pellicola.

Il procedimento è in apparenza molto semplice: in realtà necessità di grande attenzione e precisione.
I fattori determinanti sono due: tempo e temperatura che sono inversamente proporzionali l'uno dall'altro (all'aumentare della temperatura diminuisce il tempo di sviluppo; e viceversa).
E' bene seguire le tabelle della casa madre presenti in ogni confezione della pellicola, quando si è neofiti in materia; poi, con la pratica, si potrà migliorare gli ampi margini di utilizzo delle varie tecniche.

Preparati tutti i bagni del processo chimico alla giusta temperatura (di base è 20gradi) e stabilito il giusto tempo di sviluppo (che varia a seconda del tipo di pellicola) si toglie il tappo dalla tank e si versa lo sviluppo.

Qui inizia la fase di sviluppo: si agita costantemente per i primi sessanta secondi; poi ad intervalli di trenta secondi. L'agitazione è importante ed influisce in maniera determinante sul contrasto della pellicola (così come il tipo di sviluppo, la temperatura del bagno, o l'eventuale tiraggio della pellicola: cioè, ad es, modificare la sensibilità di una pellicola 400 ISO ad 800 ISO, prima di iniziare i nostri scatti).
Terminata la fase di sviluppo, si svuota la tank e si inserisce il bagno di arresto: di solito un minuto di agitazione costante è sufficiente.
Terza fase, tolto l'arresto, si versa il fissaggio. Anche in questo caso per i primi sessanta secondi si agita costantemente; poi sono sufficienti due agitazioni ogni minuto fino al termine del processo che con un bagno fresco (nuovo), non dura più di tre o quattro minuti.
Tolto il fissaggio si può aprire il tappo di sicurezza della tank: oramai la luce non può più nuocere alle nostre immagini.
A questo punto si effettua un lavaggio in acqua corrente per almeno 15/20 minuti (ci sono prodotti che riducono i tempi di lavaggio) al termine del quale si versa l'imbibente che elimina i residui di calcaree.
Infine, si mette ad asciugare: va bene all'aria ma ci sono dei forni (asciugatrici automatiche) che in dieci minuti asciugano perfettamente la pellicola (per coloro che sono impazienti di vedere il risultato finale).

A questo punto non vi resta che ammirare il vostro lavoro, con la speranza di aver fatto tutto per il meglio.

Per i nostri ragazzi (ma chi aveva dubbi!) è stata un esperienza emozionante, unica e forse irripetibile (chissà, dopotutto è sufficiente il bagno di casa nostra per sviluppare in tutta tranquillità le nostre pellicole e la spesa iniziale non è così proibitiva). Come sempre accade nei nostri corsi base, la camera oscura è quella che riscuote maggiore fascino: come per tutte quelle cose in via di estinzione.
Ma noi, con la nostra inesauribile testardaggine, proveremo, nel nostro piccolo, a far si che ciò non accada mai.

E ora, si va in stampa... al prossimo step.

Un ringraziamento particolare va a Beatrice Zamponi (nostra corsista), per le foto che hanno arricchito questo post.






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