Sesta Lezione: Digitale, i primi passi.

Avremmo dovuto "immergerci" (mai termine fu più consono viste le temperature dell'aria) nella penombra della camera oscura ma per cause di forza maggiore non è stato possibile. E allora ci siamo dovuti adattare ad un altro tipo di penombra, quella data dalla luce del monitor del computer proiettato in widescreen che ci ha accompagnato per tutta la sesta lezione interamente dedicata al digitale; la prima sul digitale.






Al contrario delle lezioni precedenti, in questa sesta lezione dedicata al digitale erano presenti tutti i corsisti, del primo e del secondo gruppo: c'erano alcuni assenti ma per loro ci sarà modo di recuperare.

Enrico, il nostro guru del digitale, ha cercato, nei limiti del possibile vista la complessità dell'argomento, di spiegare in parole molto semplici il mondo della fotografia digitale a cominciare dai vari formati dei sensori a seconda del tipo di macchina fotografica, fino a descrivere i primi passaggi necessari al fine di migliorare le immagini scattate con l'utilizzo del software più "comune", Photoshop ®.

Le macchine fotografiche digitali non utilizzano la pellicola, bensì il sensore, un marchingegno fotosensibile che trasforma un segnale luminoso in un segnale elettrico.
Sensore di una fotocamera digitale
La funzione del sensore è la stessa della pellicola: imprimere un immagine su di un supporto ma al contrario della pellicola, che utilizza i sali d'argento, il sensore possiede dei fotodiodi che trasformano, attraverso un calcolo matematico, la luce dell'immagine scattata in un segnale elettrico che viene registrata su un supporto di memoria, una scheda, o memory card. Oltre ai fotodiodi nel sensore troviamo i pixel che determinano la risoluzione della nostra immagine fotografica: maggiore sarà la quantità di pixel nel sensore, maggiore la qualità dell'immagine. Ma un alto numero di pixel comporta diverse controindicazioni: prima tra tutte, la "pesantezza" del file (immagine fotografica) in termini di megabyte e una maggiore lentezza nel trasferimento dei dati (file) dal processore immagini al supporto di memoria (la memory card o il computer).

Esistono in commercio due tecnologie di sensori: CCD e Cmos, più una terza categoria di sensori chiamata Foveon che è costituita da un sensore che ne ingloba tre sovrapposti ognuno sensibile ad un colore primario (rosso oppure verde oppure blu, l'RGB) e trasparente agli altri due. Questo tipo di sensore, utilizzato soltanto in poche fotocamere, tenta di ricreare in questo modo gli strati sensibili ai colori primari presenti nella pellicola a colori.

I sensori sono di vario formato: nelle fotocamere più economiche il più diffuso è il formato 4:3 che corrisponde alla misura di 17,3x13mm; poi ci sono i formati APS-C e APS-H con misure che variano tra i 22,14x14,8mm ai 28,1x18,7mm. Questi sensori sono presenti anche in fotocamere professionali di fascia molto costosa.
Formati dei sensori
Questi sensori hanno problemi con le normali ottiche delle reflex tradizionali, quelle in pellicola per intenderci, perché non riescono a coprire l'intero angolo di campo dell'ottica che viene ridotto a seconda del formato del sensore. Per fare un esempio, una focale di 24mm (grandangolo) che ha un angolo di campo di 84° (gradi) se montata su una fotocamera con un sensore di formato APC-C, vedrà ridotto il suo angolo di campo a 65° e l'ottica risulterà essere non più un 24mm ma bensì un 36mm. In conclusione, per calcolare questa riduzione di campo basta moltiplicare la misura della focale per 1,5; 1,6; 1,7 a seconda del tipo di sensore.  



Proprio per questo da diversi anni sono uscite fotocamere digitali con sensori di formato 24x36mm, le cosiddette FULL-FRAME, che garantiscono la totale copertura d'angolo di tutte le focali reflex. Naturalmente questi sensori sono presenti nelle fotocamere professionali di fascia alta.

Le immagini registrate dai sensori vengono memorizzate sulle card in alcuni formati di "scrittura": il RAW e il JPEG.
Il RAW è un file "puro", paragonabile al nostro negativo della pellicola. Viene "prodotto" dalla fotocamera al momento dello scatto e ha bisogno di essere elaborato con un software di photo editor per restituire all'utente il massimo delle sue potenzialità.
Il JPEG invece è un file compresso, molto più piccolo in termini di megabyte, ma molto più limitato nelle correzioni di densità (esposizione) e colore (dominanti).
Le fotocamere professionali utilizzano entrambi i formati di scrittura mentre quelle più economiche scattano soltanto in JPG.
Esiste poi un formato denominato TIFF che solitamente si utilizza dopo l'elaborazione al photoeditor (Photoshop ®) per stampare le fotografie.
Esistono ulteriori formati di scrittura file ma per ora ci limiteremo a considerare soltanto questi tre.

Dopo l'esauriente spiegazione di Enrico sui sensori e sui formati siamo passati alla pratica: "sistemare" le nostre fotografie, anzi, i nostri file fotografici, con Photoshop ® (da adesso solo PS) e le pupille dei presenti si sono aperte in maniera spropositata (il buio non c'entrava nulla).

Enrico al Mac
Siamo partiti da un file scattato all'esterno del nostro studio ed abbiamo aperto il nostro software: l'immagine RAW viene aperta in Camera Raw, un plug-in presente all'interno di PS, che ci ha permesso di analizzare tutte le correzioni di massima come ad esempio l'esposizione, la temperatura di colore, il contrasto dell'immagine. I nostri corsisti hanno fin da subito compreso l'importanza che c'è nel dover per forza elaborare un file digitale fotografico al fine di ottenere una buona immagine fotografica.
Camera Raw permette di dare le prime correzioni di massima, una sorta di "bozza di correzione" prima di passare a PS per i ritocchi finali e più mirati.
Dopo aver descritto il plug-in abbiamo cominciato a correggere la nostra fotografia partendo dalla temperatura di colore, nella scelta di un immagine più "calda" (verso il rosso) o più "fredda" (verso il blù), poi abbiamo corretto l'esposizione (più chiara o più scura), poi si è passati al contrasto dell'immagine tenendo sempre presente i valori delle alte luci (i bianchi) o delle ombre (i neri) per non snaturare la reale visione dell'immagine fotografata. Tenete presente che nella fotografia digitale, al contrario di quella analogica, si possono alterare in maniera pazzesca tutti i valori di una foto correndo però il rischio, come accade molto spesso purtroppo, di alterare il normale equilibrio che esiste tra realtà fotografata e immagine fotografica finale.
Il consiglio che vi diamo è di non oltrepassare mai troppo questo sottile margine di confine perché la fotografia è una cosa, l'immagine grafica digitale è un'altra.

Fatte le nostre correzioni di base siamo passati a PS. Enrico ha illustrato quelli che sono gli strumenti di lavoro più utilizzati e ha cercato di descrivere al meglio molte funzioni di PS e il loro utilizzo. Naturalmente sappiamo che molte delle cose dette si sono dissolte, nella mente dei nostri corsisti, dopo appena pochi minuti da quando sono state descritte ma tranquilli, torneremo sugli argomenti principali e poi tenete presente che PS è un programma che non s'impara in un giorno...ma nemmeno in una settimana o in un anno se non ci si lavora costantemente tutti i santi giorni. Quindi, non vi scoraggiate, l'importante è capire le funzioni di base; poi il resto verrà con la pratica...tanta pratica.
Il cielo selezionato con lo strumento lazo

Enrico si è soffermato su di uno strumento in particolare, il lazo: uno strumento che ci permette di selezionare soltanto una porzione di immagine per fare correzioni ben precise in quel punto in modo da non modificare il resto dell'immagine.

Nel caso della foto qui di fianco si può notare che Enrico ha utilizzato lo strumento lazo per selezionare soltanto il cielo in quanto la sua esposizione, rispetto al resto dell'immagine, risultava di molto sovraesposta (chiara). In questo modo ha potuto correggere l'esposizione del cielo senza alterare il resto della foto. E' importante questa possibilità che ci offre PS per migliorare le nostre foto digitali perché in questo modo possiamo recuperare dei dettagli che inevitabilmente si possono perdere durante lo scatto. Oppure mettere in evidenza dei particolari del quale non ci eravamo per niente accorti.
Al fine di ottenere un immagine perfetta dobbiamo tenere ben presente tutti questi passaggi e gli strumenti che servono.
Enrico ha corretto poi un'immagine con l'utilizzo dei livelli e delle curve: per questo ne riparleremo più approfonditamente nella prossima lezione dedicata al digitale.

Bene, anche la sesta lezione è in archivio. Ora si torna al consueto ordine settimanale: primo gruppo lunedì, secondo gruppo mercoledì.
Facciamo un passo indietro... di circa un centinaio di anni: si va in camera oscura, si stampa la pellicola!!!



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