Settima Lezione: Camera Oscura

Siamo arrivati alla settima lezione del nostro corso di fotografia con il consueto doppio appuntamento, lunedì e mercoledì, per i nostri due gruppi di corsisti.

"Una foto è sempre in debito di gratitudine con chi sa tradurla in una bella stampa".
Ci piace ricordare questa citazione di Carlo Marras tratta dal libro di Luciano Corvaglia, uno dei migliori stampatori italiani di bianco e nero, Negativo Positivo: Diario di uno stampatore edito da Postcart, quando vogliamo ricordare che la figura dello stampatore, spesso sottovalutata, è fondamentale affinché una fotografia diventi una bella immagine fotografica, su carta.






Con la settima lezione siamo tornati in camera oscura (da adesso soltanto CO) e dopo aver scoperto come avviene il processo di sviluppo della pellicola, siamo passati alla fase della stampa ai sali d'argento.
Purtroppo le dimensioni della nostra CO non ci ha consentito di svolgere la lezione con tutti i corsisti contemporaneamente, quindi, abbiamo ben pensato di fare step con tre, massimo quattro ragazzi, in modo da permettere a tutti di stampare e capire meglio le spiegazioni. Gli altri, quelli che nel frattempo restavano fuori, ne hanno approfittato per fare un bel ripasso con Enrico sulla lezione digitale: ed è stata un'ottima idea.














La prima parte di lezione, come sempre, è dedicata alla teoria nella descrizione dei materiali necessari per l'esecuzione delle stampe: l'ingranditore e il processo chimico per le stampe.


L'ingranditore è quell'apparecchiatura che ci permette di realizzare le nostre stampe fotografiche. La sua funzione è quella di proiettare l'immagine di un negativo su di un foglio di carta. A seconda della distanza tra il negativo e il piano carta, si possono ottenere diverse misure d'ingrandimento (da qui Ingranditore). Esso è costituito da una Testa, che può essere solo per la stampa in bianco e nero oppure anche per la stampa a colori con l'ausilio di una serie di filtri complementari ( giallo, magenta e cyano), dove al suo interno c'è una lampada, che illumina il negativo e permette l'esposizione della stampa; un box luce, che può essere diffusore o condensatore (poi vedremo in seguito le differenze); un porta negativo, che alloggia il negativo da proiettare sulla carta; un soffietto, per la messa a fuoco del negativo sulla carta e un obiettivo da stampa a seconda dei formati di negativo da stampare.
Esistono diverse categorie di ingranditori ma noi ne abbiamo messi in evidenza solo due: quelli a luce diffusa e quelli a luce condensata.
Gli ingranditori a luce condensata hanno un box contenente due lenti (condensatori) che convogliano il fascio luminoso collimato sul negativo. Il vantaggio di questo tipo di ingranditori è che la stampa, per via della collimazione del fascio luminoso (cioè, diretto sul negativo senza cambiamenti di direzione), permette una maggiore acutanza ( i bordi del soggetto sul negativo risultano più incisi ) ma anche un maggior risalto della grana del negativo, che a molti fotografi piace. Gli "svantaggi", se così possiamo dire, sono che la stampa a luce condensata, per via dell'effetto Callier (che affronteremo nel corso di livello 2), risulterà più contrastata (rispetto ad una a luce diffusa) e la luce collimata metterà in evidenza ogni "difetto" del negativo, come polvere o graffi, anche molto sottili.
Gli ingranditori a luce diffusa, maggiormente usati in CO, hanno un box, tra la lampada e il porta negativo, che diffonde il fascio luminoso in maniera perfettamente uniforme in tutte le direzioni impedendo alla luce di colpire il negativo in maniera collimata, cioè diretta. Questo tipo di ingranditori vengono usati nella stampa a colori ma sono preferiti anche in quella in bianco e nero in quanto comportano meno "svantaggi" rispetto a quelli con luce condensata per i motivi descritti sopra. Con la luce diffusa la stampa risulterà più "morbida" con un controllo maggiore di tutte le zone tonali, soprattutto sulle alte luci (bianchi).

Per la nostra lezione abbiamo usato un ingranditore Durst a luce diffusa.

Torchio per stampa a contatto
Naturalmente prima di poter effettuare i nostri ingrandimenti abbiamo dovuto stampare un provino a contatto di tutta la nostra pellicola precedentemente sviluppata. Per mezzo di un torchietto (che non è strettamente necessario, nota di David) abbiamo sistemato tutte le strisce di negativo sopra un foglio di carta sensibile di formato 24x30cm e abbiamo realizzato la nostra stampa a contatto, cioè tutti i negativi risultavano stampati nel formato originale: 2,4x3,6cm per la pellicola scattata con la Contax; 6x7cm per quella scattata con la Pentax. Ma per essere sicuri di realizzare una stampa il più possibile uniforme e leggibile in tutti i fotogrammi, abbiamo fatto delle prove a scalare, cioè abbiamo esposto un pezzo di carta sensibile con tre tempi diversi.
In questo modo: si mette una striscia di carta sotto i negativi poggiati a contatto, poi si copre con un cartoncino nero 2/3 della carta e si espone con un tempo X (diciamo, 5 secondi); poi si sposta il cartoncino di un altro terzo e si riespone di altri 5 secondi; infine, si scopre tutta la striscia di carta e si da l'ultima esposizione di altri 5 secondi. In questo modo, con il provino a scalare, si ottiene un'unica striscia di carta sensibile (striscia di prova) esposta con 5; 10; e 15 secondi (comodo no?!).


Stampa a contatto negativo formato 6x7cm

Provino a scalare 5 secondi 10 secondi 15 secondi













Stampa di un provino a scalare con tre tempi di esposizione





Stampa a contatto negativo formato 24x36mm
















Per realizzare le nostre stampe a contatto ma anche le stampe finali abbiamo utilizzato una carta IlFord Multigrade superficie lucida.
Ci sono diverse tipologie di carte fotografiche BN e queste si differenziano non solo per la tonalità, bianco puro o bianco "panna", ma anche per la superficie che può variare dal matt (opaco) al semimatt, al lucido. Poi ci sono le carte politenate RC (come quella che abbiamo usato noi), cioè dove l'emulsione fotografica ai sali d'argento è protetta da uno strato di poliestere; e ci sono le carte baritate FB, più preziose e utilizzate di solito per la realizzazione di stampe Fine-Art, che sono costituite da una base in cartoncino dove l'emulsione è protetta da uno strato di barite. Infine, le carte si differiscono tra loro anche per il contrasto in due categorie: quelle a contrasto fisso, cioè quelle carte che determinano il contrasto dell'immagine in valori predefiniti e hanno una scala di contrasto che va da 0 (bassissimo contrasto) a 5 (alto contrasto); e le carte Multigrade VC che hanno la caratteristica di poter variare il contrasto dell'immagine grazie all'utilizzo di filtri, il magenta e il giallo, in modo da ottenere una gamma di contrasto da 0 a 5 con la medesima carta. Il magenta, filtro complementare del verde (primario), aumenta il contrasto sulla stampa; il giallo, filtro complementare del blu (primario), abbassa il contrasto della stampa.


Fatta la nostra stampa a contatto, dopo averla lavata e asciugata, abbiamo scelto i negativi da ingrandire: il formato di stampa finale sarà di 20x30cm.





Scelto il negativo da stampare abbiamo preparato i bagni che ci servivano per il processo chimico di stampa.

Per lo sviluppo abbiamo usato un Multigrade diluizione 1:9. La funzione del bagno di sviluppo, che ricordiamo è una soluzione basica, cioè con PH superiore a 7, è di trasformare gli alogenuri d'argento esposti dalla luce in argento nero metallico.
Per il bagno d'arresto, che al contrario dello sviluppo è una soluzione acida (PH inferiore a 7) abbiamo utilizzato dell'acido acetico glaciale con diluizione 1:40. La sua funzione è quella di arrestare l'azione dello sviluppo ma non di preservare gli alogenuri d'argento dall'azione della luce bianca: la stampa appena sviluppata risulterà infatti ancora fotosensibile.
Il terzo passaggio è rappresentato dal bagno di fissaggio. Per la nostra sezione di stampa abbiamo utilizzato dell' Hypam diluizione 1:4. Anche questo bagno è un acido e serve per eliminare quei sali d'argento che non sono stati colpiti dalla luce durante l'esposizione di stampa e quindi ancora sensibili; inoltre, la sua azione fissa l'immagine e la rende stabile nel tempo.

Bene, fatto ciò eravamo pronti a stampare i nostri negativi. La prima stampa è un negativo formato 24x36cm scattato durante la lezione dedicata alla ripresa.
Si spegne la luce e l'atmosfera che avevamo promesso, immersi nella penombra della luce rossa, ha reso il suo effetto. Naturalmente il significato del perché si utilizza la sola luce rossa in CO è stato chiaro a tutti: la carta fotografica bianco e nero è sensibile a tutti i colori della luce tranne che al rosso.
Messo a fuoco con il Focometro
Alloggiato il negativo sul porta pellicola dell'ingranditore, abbiamo sistemato l'altezza della testa affinché la proiezione del negativo ci desse un ingrandimento di formato 20x30cm. Poi abbiamo messo a fuoco l'immagine proiettata per mezzo di un dispositivo, il focometro, che grazie ad una lente d'ingrandimento molto potente è in grado di farci vedere la grana della pellicola: soltanto mettendo a fuoco la grana della pellicola siamo sicuri che la nostra stampa risulterà perfettamente a fuoco.



Abbiamo spiegato ai nostri corsisti che l'utilizzo del diaframma presente nell'ottica dell'ingranditore è importante perché oltre a differenziare i tempi di esposizione, a seconda se è più chiuso o meno, ci permette di avere più o meno nitidezza dell'immagine. Di solito si sceglie un valore intermedio di diaframma che può essere f8 oppure f11: in casi eccezionali di sovra o sotto esposizione si possono modificare questi valori di base e aprire o chiudere il diaframma a seconda delle proprie esigenze.
Ok, e ora con il provino a scalare abbiamo cominciato a fare le nostre prime prove di stampa.
Il metodo è lo stesso usato per il provino a contatto: tre esposizioni su di un'unica striscia di carta. Poi il controllo del provino con la luce accesa e via così fino alla realizzazione della stampa finale. La stampa in CO è un processo che richiede tempo e precisione, nonché pazienza ed esperienza. Non si impara in un giorno a stampare ma poco è bastato per far capire a tutti quello che succede "dietro le quinte", quando portiamo a stampare i nostri negativi dal nostro laboratorio di fiducia. E soprattutto, tutti hanno capito quanto laborioso e importante è il ruolo dello stampatore nella buona riuscita di una bella immagine fotografica.



Stampa formato 20x30cm
Luca in fase di sviluppo





Paola in fase di sviluppo





Michela in fase di sviluppo











Tutti i corsisti, del primo e del secondo gruppo, si sono cimentati con successo sia nella fase di stampa che in quella di sviluppo e dobbiamo dire che alla fine eravamo decisamente soddisfatti. Non avevamo moltissimo tempo a disposizione per realizzare molte stampe però il risultato finale è stato molto incoraggiante e siamo sicuri che questa esperienza rimarrà a lungo nella memoria dei nostri ragazzi.



Stampa ai sali d'argento

Stampa ai sali d'argento




Stampa ai sali d'argento




Stampa ai sali d'argento
Stampa ai sali d'argento











Abbiamo voluto fortemente inserire la CO nel programma del corso perché nonostante siamo in piena era digitale, dove la fotografia analogica è diventata una nicchia per pochi "eletti", noi dello staff sapevamo che questa parte del corso sarebbe risultata la parte più affascinante... quel mettere "in pratica" che sta alla base principale del corso stesso: far lavorare i nostri corsisti, renderli partecipi del loro lavoro, sia in fase di ripresa durante lo scatto, ma anche dopo, nella fase di stampa. E crediamo di esserci riusciti.

Ora tocca a voi ragazzi... la prossima lezione è di verifica. Non vediamo l'ora di vedere cosa avete appreso da questo corso, cosa avete imparato e cosa siete riusciti a mettere in pratica di tutto quello che vi abbiamo, cercando di fare nel nostro meglio, insegnato.
Mostrateci il vostro lavoro...

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