Il Foro Stenopeico
Si comincia, e come sempre la prima lezione fa da "apri-pista" al corso con un tuffo nel passato, nel punto esatto in cui la fotografia mosse i primi passi nella storia.
La prima lezione è dedicata alla storia della fotografia, attraverso un excursus lungo le varie tappe che hanno caratterizzato l'evoluzione tecnica dalla prima macchina fotografica, il foro stenopeico, fino alle moderne fotocamere che oggi conosciamo. Una lezione per certi aspetti "romantica" ma da non sottovalutare se considerata sotto l'aspetto prettamente didattico: infatti il foro stenopeico è materia di esame in gran parte della scuole ove c'è la fotografia come materia di studio.
La prima macchina fotografica della storia è stata sicuramente la Camera Obscura (o Foro Stenopeico).
Fu Aristotele nel quarto secolo a.C. a costruire un marchingegno capace di catturare un immagine e proiettarla su di un foglio di carta. Marchingegno che nei secoli si è perfezionato sempre di più fino alla metà del cinquecento quando venne aggiunta una lente ottica e in seguito un diaframma per migliorarne la qualità dell'immagine.
Giovanni Antonio Canal detto Canaletto
|
I primi a farne uso furono i pittori paesaggisti: le opere più significative sono sicuramente del Canaletto o di Guardi: le proiezioni durante la lezione hanno aiutato i nostri ragazzi a capire meglio l'uso che si faceva della camera obscura
Poi fu un medico tedesco, Jhoann Schulze, a dare una svolta epocale alla fotografia grazie alla scoperta dei sali d'argento sensibili alla luce.
Vista dalla finestra a Le Gras
|
Dalla prima immagine della storia, realizzata da Joseph Niépce nel 1827 dalla finestra del suo laboratorio con una lastra di peltro trattata con bitume di Giudea, la fotografia si è evoluta attraverso scoperte incredibili spesso casuali, come quella di Louis Daguerre che, lasciata nel suo armadio chiuso una lastra d'argento sensibilizzata ed esposta alla luce, si accorse successivamente che l'immagine latente si era sviluppata grazie ai vapori di mercurio sprigionati da un termometro che sia era rotto all'interno dell'armadio. Era nato il dagherrotipo.
Dagherrotipo del 1837
|
Contemporaneamente a Daguerre, in un altro angolo del mondo, Henry Fox Talbot, al quale si può attribuire la scoperta del "callotipo", realizzò delle immagini negative su carta trattata con nitrato d'argento e sale comune che, stampata per contatto, dava delle immagini positive. Era nato il negativo fotografico.
Con la scoperta della fotografia, uno dei più significativi cambiamenti nella società dell'epoca fu il fatto che il fotografo si sostituì al pittore nella realizzazione di ritratti su commissione.
Ma uno dei maggiori problemi legati alle tecniche in uso come il dagherrotipo o la callotipia, erano i lunghissimi tempi di esposizione dovuti alla scarsa sensibilità dei sali d'argento; tempi di esposizione così lunghi che costringevano i soggetti fotografati, immobilizzati con attrezzature definite "strumenti di tortura medievale", a restare fermi anche per 30 secondi o più.
In tal senso la scoperta di Scott Archer rivoluzionò il mondo della fotografia con l'introduzione di una tecnica chiamata "collodio umido" che consisteva nel trattare superfici di vetro, anziché carta, con una soluzione di fulmicotone disciolto in etere chiamato appunto collodio. Le lastre trattate al nitrato d'argento venivano esposte alla luce ancora umide (da qui il nome collodio umido) e i tempi di esposizione si ridussero drasticamente da 30 a 3 secondi di posa.
Con la scoperta del negativo fotografico e il sempre più incessante miglioramento dei materiali, la fotografia si diffonde nel mercato di massa con l'uscita di macchine fotografiche portatili come la Kodak che nel 1888 mette in commercio la sua prima macchina fotografica con questo slogan: Voi premete il pulsante, noi facciamo il resto. Il sistema era semplice ed accessibile a tutti: si scattavano le foto poi si spediva la fotocamera alla casa madre, la Eastman Kodak, che provvedeva a sviluppare la pellicola, eseguire tutte le stampe, ricaricare la macchina fotografica e rispedire tutto il materiale al committente.
La parte fondamentale della nostra prima lezione è la costruzione del foro stenopeico, la prima macchina fotografica della storia e anche il mezzo che ci permetterà di realizzare la prima foto ufficiale del corso.
Questo è il momento "ludico", quello che noi abbiamo ribattezzato, momento Art Attack®, dove tutti i ragazzi sono coinvolti a partecipare alla realizzazione della fotocamera in cartone.
E si perché farsi una macchina fotografica "in casa" non vuol dire procurarsi chissà quali materiali: sono sufficienti un paio di forbici, un taglierino, una riga, un rotolo di scotch nero pesante di media larghezza, un ago molto sottile e un foglio di Carta di Spagna, facilmente reperibile nelle migliori ferramenta. Più naturalmente, un cartone abbastanza consistente (per durezza e spessore) che costituirà "il telaio" (o corpo) della nostra camera obscura (foro stenopeico).
L'aspetto più importante è rappresentato dalla cura con cui si realizza il foro che è il nostro "obiettivo". Più preciso sarà il foro, maggiormente definita risulterà l'immagine.
I manuali consigliano di utilizzare una carta vetrata molto sottile in modo da "carteggiare" entrambi i lati della carta di spagna per almeno un'ora per ciascun lato. In questo modo si eliminano tutte le imperfezioni che potrebbero "disturbare" la luce al momento dell'esposizione.
Terminata la fase di costruzione, abbiamo inserito un foglio di carta sensibile alla luce all'interno della nostra machina fotografica artigianale e ci siamo spostati in sala posa per la nostra prima fotografia. I tempi di posa sono molto lunghi, soprattutto perché la carta fotografica (al contrario della pellicola) è poco sensibile.
Preparato il set e tolto il volee (un cartoncino nero davanti al foro a protezione della carta posta all'interno), abbiamo fatto partire il timer.
Stenopeico Negativo |
"L'immagine che vedete sopra è stata ottenuta dopo uno sviluppo in bacinella realizzato in camera oscura: un modo per introdurre i ragazzi ad un argomento a noi molto a cuore - la camera oscura - che affronteremo più avanti nel corso".
L'esposizione per questa foto è stata di 20 minuti con lampade a luce continua e l'immagine che si è formata sulla carta è in negativo.
Per ottenere un positivo (cioè come realmente noi la vediamo) è sufficiente mettere a contatto il negativo con un altro foglio di carta sensibile ed esporre alla luce il tempo necessario. Dopo lo sviluppo si otterrà una foto positiva come quella che vedete sotto.
Stenopeico Positivo |
A molti questa lezione può sembrare anacronistica o utile solo per una cultura strettamente personale. Non è così, ve lo assicuriamo. Ancora oggi si posso acquistare della macchine a foro stenopeico con il quale si fanno delle foto molto suggestive e al tempo stesso artistiche. Molti fotografi le utilizzano, e contrariamente a quanto si pensa, non solo per la fotografia di paesaggio.
Si può addirittura utilizzare la tecnica del foro stenopeico con il digitale: basta procurarsi un tappo di quelli utilizzati per il corpo macchina che abbia al centro un foro stenopeico, di solito fatto a laser. Ne esistono anche di versioni molto economiche.
Insomma, questa tecnica di scattare è ancora molto attuale e utilizzata.
E questo ci introduce all'ultima parte della lezione dedicata ad un fotografo, Abelardo Morel, che è andato oltre, realizzando delle magnifiche fotografie "all'interno di un foro stenopeico". Come? scopritelo attraverso questo splendido filmato (per avviare la visione fate doppio click con il mouse)
Vi aspettiamo per la prossima lezione.
Nessun commento:
Posta un commento