Il diaframma il tempo di posa l'esposimetro
La seconda lezione del corso base, quella dedicata interamente alla tecnica è sicuramente (in ogni corso) quella più "dura" da digerire: perché i concetti base della fotografia, se spiegati solo verbalmente sono pesanti come una cena ipercalorica. Ma se la lezione tecnica è la più noiosa dell'intero corso, è altrettanto vero che è anche la più importante, perché è solo grazie all'acquisizione di tali concetti che s'impara davvero a fotografare.
Quindi ragazzi, massima attenzione alla lettura.
Superata la fase "storica" del corso base, cioè quella riguardante la storia della fotografia, è giunto il momento di entrare nel "vivo" del nostro percorso affrontando quegli argomenti e quei concetti che sono alla base per imparare a fotografare in maniera corretta, sia dal punto di vista tecnico, per capire come si ottengono immagini ben esposte (ne scure ne tanto meno troppo chiare) ma anche dal punto di vista, diciamo così con le dovute precauzioni, "artistico", dove il fotografo (non ci stancheremo mai di dirlo), prende consapevolezza dei propri mezzi e diventa "padrone" delle sue scelte: e così del risultato finale.
Come per ogni "diretta" che si rispetti, non è mancato l'imprevisto. Francesco, impegnatissimo nell'allestimento della mostra fotografica nonché all'inaugurazione del Terminal Art Project, non è potuto venire a lezione e così, non avendo il tempo (e le chiavi) necessario per scassinare la cassaforte dove è custodita tutta l'attrezzatura fotografica, con l'aiuto di Enrico, abbiamo "improvvisato" una lezione tutta teorica dove, con l'ausilio della fedele Canon digitale e di una splendida Olympus OM10 (prestataci da Michele, nostro analogico corsista...), abbiamo cercato di spiegare i concetti alla base della fotografia cominciando a parlare di macchine fotografiche, i vari tipi e formati, per arrivare alle nostre moderne Reflex.
Nella foto accanto si può vedere come la lezione si sarebbe dovuta svolgere, ma crediamo che alla fine abbiamo fatto lo stesso un buon lavoro (anche senza i nostri potenti mezzi tecnici) e i ragazzi hanno ben "assorbito" gli argomenti trattati: lo verificheremo strada facendo.
Come funziona la nostra macchina fotografica?
Il concetto base di ogni tipo di fotocamera è sempre lo stesso: la luce entra attraverso una lente (obiettivo), colpisce uno specchio (detto di ribaltamento) posto a 45° all'interno della macchina che la devia verso un altro specchio posto all'interno di un "box" detto pentaprisma. Questo, a sua volta, ci permette di vedere l'immagine corretta dal mirino. E' grazie a questo sistema di riflessioni se noi vediamo l'immagine al dritto e non capovolta, proprio come accade nel caso del foro stenopeico (visto nella prima lezione), oppure nel banco ottico da studio, che è sprovvisto di questa sistema di specchi.
Quindi, quando puntiamo verso un soggetto con la nostra macchina fotografica, stiamo vedendo un'immagine che arriva al nostro occhio attraverso una serie di specchi. Ma nel momento in cui facciamo click, cioè scattiamo, il primo specchio si alza e l'immagine, "trasportata" dalla luce, colpisce la pellicola, o il sensore, che si trova dietro di esso ed imprime la nostra fotografia. Questo grazie all'otturatore, posto dietro lo specchio di ribaltamento e davanti alla pellicola (o sensore), che al momento dello scatto si apre e permette alla luce di passare.
L'otturatore permette alla luce (attraverso l'obiettivo) di passare all'interno della macchina ed impressionare la pellicola o il sensore (nel digitale).
Esistono due tipi di otturatore: centrale, cioè composto da una serie di lamelle che si aprono come la pupilla del nostro occhio, oppure a tendina, dove ci sono due tendine che nello scorrere al momento dello scatto, formano una fessura da cui può passare la luce che impressiona la pellicola o il sensore.
Otturatore a tendina |
Otturatore centrale |
I due fattori principali che determinano la giusta esposizione (cioè la quantità di luce che arriva alla pellicola o al sensore) sono il diaframma e il tempo di posa.
La coppia tempo/diaframma o EV (valore esposimetrico) è data dalla combinazione di questi due elementi grazie alla misurazione della luce per mezzo dell'esposimetro.
Andiamo con ordine:
Il diaframma, posto all'interno dell'obiettivo, regola la quantità di luce che entra nella fotocamera a seconda della suo valore di apertura.
La scala dei diaframmi è composta dai seguenti valori indicati con f: f1; f1,4; f2; f2,8; f4; f5,6; f8; f11; f16; f22 (esistono obiettivi che hanno diaframmi fino a f64 che si utilizzano soprattutto nelle fotocamere di grosso formato come il Banco Ottico)
Più è piccolo il valore numerico (ad es 1) maggiore sarà l'apertura del diaframma; più è grande (ad es f 22) più il diaframma risulterà chiuso (quindi che lascia passare meno luce).
Oltre a determinare la quantità di luce che passa attraverso l'obiettivo, il diaframma è molto importante anche per un aspetto fondamentale della fotografia: la profondità di campo.
La profondità di campo è quello spazio che esiste davanti e dietro ad un soggetto a fuoco, che risulti completamente nitido.
A seconda della scelta del diaframma (ma non solo, poi lo vedremo in seguito), possiamo determinare una differenza sostanziale tra un'immagine in cui un solo soggetto è messo in evidenza (foto 1), oppure tanti soggetti (foto 2) che sono fotografati in diversi piani di ripresa.
Foto d'archivio Foto 1 |
Foto d'archivio Foto 2 |
Più il diaframma sarà chiuso, maggiore sarà la profondità di campo.
E' un aspetto fondamentale perché è da tale scelta che si può determinare il risultato di una foto.
Pensate di dover realizzare una fotografia di gruppo dove le persone sono
disposte su tre o più file (quindi con tre o più distanze diverse dall'obiettivo). Naturalmente tutte le persone della foto devono essere nitide e perfettamente a fuoco.
La profondità di campo ci viene in aiuto.
Il tempo di posa è la durata in cui l'otturatore resterà aperto per far passare la luce che impressionerà la pellicola o il sensore della macchina fotografica.
Rappresentano la velocità di scatto dell'otturatore. Anch'essi sono riconoscibili attraverso una scala di valori:
1s, 2s, 4s, 1/4 di secondo, 1/8 di secondo, 1/15ds, 1/30ds, 1/60ds, 1/125ds, 1/250ds, 1/500ds, 1/1000ds (questi sono i valori standard della maggior parte delle macchine fotografiche)
Esiste una funzione supplementare detta posa B: impostando il cursore dei tempi sulla posizione B, al momento dello scatto, l'otturatore resterà aperto per tutta la durata in cui il pulsante di scatto resterà premuto. Al rilascio del pulsante di scatto, l'otturatore si chiuderà (l'utilizzo di questa funzione implica necessariamente l'uso di un cavalletto).
A seconda della velocità dell'otturatore, si possono ottenere diversi risultati: se fotografiamo un soggetto in movimento, con un tempo di posa lungo (ad es 1/15 di secondo), questo risulterà mosso ( da qui l'effetto di mosso), mentre al contrario, utilizzando un tempo di posa molto breve (ad es 1/125 di secondo), il soggetto risulterà completamente fermo (in gergo congelato).
Il diaframma e il tempo di posa insieme (con un altro elemento quale la sensibilità della pellicola o del sensore da esporre ma del quale parleremo nelle prossime lezioni dedicate al laboratorio), determinano la giusta quantità di luce necessaria per realizzare una corretta esposizione e di conseguenza una buona fotografia: almeno sotto l'aspetto puramente tecnico.
La coppia tempo/diaframma, detta anche EV ( valore esposimetrico), ci permette di calcolare la corretta esposizione, cioè la giusta quantità di luce necessaria a far si che la nostra foto sia perfetta sotto l'aspetto della luminosità e del colore.
Per calcolare la corretta coppia tempo/diaframma (EV), la fotocamera dispone di un esposimetro che ci permette di misurare la luce (il suo valore) e il suo corrispettivo tradotto in tempo di posa e diaframma.
L'esposimetro è quello strumento che ci permette di misurare la luce presente nella scena da fotografare.
L'esposimetro può essere interno (allocato dentro la fotocamera) oppure esterno, di solito usato in studio, ma non solo.
Si può utilizzare in modalità differenti: si dice lettura esposimetrica spot quando la zona misurata è concentrata in un punto ben definito (ad es il viso di un soggetto).
La lettura esposimetrica media utilizza tutto il campo inquadrato senza tenere conto delle differenze di luce che possono esistere tra una zona molto illuminata e una zona d'ombra.
La lettura esposimetrica a prevalenza centrale (semispot) concentra la misurazione in due zone: una centrale e un'altra per il resto dell'inquadratura. La lettura prevalente è comunque quella centrale.
Le moderne macchine fotografiche, sempre più avanzate, hanno introdotto altri sistemi di lettura esposimetrica, ma per il momento ci soffermeremo a questi tre tipi.
Queste letture, a seconda dei casi, ci permettono di calcolare in maniera molto precisa la quantità di luce necessaria che serve per esporre il nostro sensore o la nostra pellicola.
Utilizzando la macchina in modalità Manuale, grazie all'esposimetro noi possiamo calcolare la giusta coppia tempo/diaframma e scegliere, di conseguenza, se privilegiare la profondità di campo (ad es per evidenziare un soggetto in primo piano, o viceversa), piuttosto che il tempo di posa.
Per chiudere la lezione e completare un pò il nostro quadro generale dell'aspetto tecnico della fotografia, non potevamo non fare un accenno sugli obiettivi e le principali differenze. Un assaggio, visto che questo argomento (così come per la profondità di campo e i tempi di posa) verrà maggiormente approfondito nelle prossime lezioni dove "metteremo in pratica" i concetti attraverso prove di scatto in studio (parlare di tutto questo in una lezione va bene, approfondire è impossibile).
Esistono due categorie di obiettivi, a focale fissa o ottica fissa (la lunghezza focale non cambia) e gli zoom (la lunghezza focale è variabile).
Gli obiettivi a focale fissa sono quegli obiettivi in cui la lunghezza focale è determinata per quel tipo di ottica. Possiamo classificare questi obiettivi in tre diverse categorie: il normale, il grandangolo, il teleobiettivo. Poi ci sono delle sotto-categorie che comprendono obiettivi "particolari" quali il fish-eye (un grandangolo che ha un angolo di campo che può raggiungere anche i 180° e oltre), il lungo fuoco (un teleobiettivo molto utilizzato nei ritratti), i super grandangolari (con angolo di campo che si avvicinano ai fish-eye), i super tele (che hanno un angolo di campo molto ristretto e permettono di fotografare a grande distanza dal soggetto).
Per identificare al meglio le tre principali categorie, grandangolo, normale e tele, possiamo dire che:
è considerato grandangolo un obiettivo in cui la lunghezza focale è inferiore ai 35mm
è considerato normale un obiettivo in cui la lunghezza focale è compresa tra 35mm e 60mm
è considerato teleobiettivo un obiettivo in cui la lunghezza focale è superiore ai 60mm.
Gli zoom, al contrario delle ottiche fisse, hanno la caratteristica di avere la lunghezza focale che varia nel medesimo obiettivo. Cioè, in un solo apparecchio possiamo trovare diverse lunghezze focali che possono andare da grandangolo a tele (nei casi più spinti) oppure da lungo fuoco a super tele, da grandangolo a lungo fuoco, etc etc.
Bene, per ora ci fermiamo qui. Nella prossima lezione cominceremo ad analizzare gli argomenti (come detto) attraverso prove di scatto in studio. Ci fotograferemo o fotograferemo le nostre modelle (Goldfinger) per far capire ai nostri ragazzi l'importanza della profondità di campo e del tempo di posa. Poi, negli step successivi vedremo meglio come "lavora" l'esposimetro e le varie categorie di obiettivi che esistono in commercio.
A Giovedì prossimo!
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