Corso Base Lug/Ago 2013: prima lezione



Storia della Fotografia

Foro Stenopeico e Rayograph


Pronti via! il corso base del bimestre Luglio/Agosto 2013 comincia sotto i migliori auspici: il gruppo non è numeroso - sei corsisti tre maschietti e tre femminuccie in un fifty-fifty perfetto - ma compatto e con un gran voglia di fare (almeno a noi così ci è sembrato). 
Va da se che la prima lezione, dedicata alla Storia della Fotografia è volata via d'un lampo.



Giovedì sera è andato in scena il nuovo corso base, quello del bimestre Luglio/Agosto 2013: non avevamo mai sperimentato due corsi base così ravvicinati (quello del bimestre Mag/Lug si è concluso l'altra sera) e pur consapevoli che ci aspetta un surplus di lavoro (tenendo presente che siamo in piena estate), siamo carichi al massimo con la nostra solita voglia di fare un ottimo lavoro, anche grazie all'aiuto dei nuovi corsisti che ci sono sembrati molto entusiasti di aver deciso di intraprendere questo percorso con noi, alla scoperta della fotografia.
Il gruppo non è numeroso (la cosa ha i suoi vantaggi) ed è composto in maniera splendidamente uniforme: tre ragazzi e tre ragazze (per noi che siamo abituati ad avere sempre una maggioranza femminile, la cosa è inedita). Ma durante il corso si aggiungeranno altri elementi e cioè tutti quei corsisti del precedente corso che vorranno recuperare le lezioni che hanno perso per motivi di lavoro o quant'altro. E' raro che nei corsi si ha la possibilità di recuperare le lezioni perse: nel nostro si, e va sottolineato.

Dicevamo, il gruppo non è numeroso ma è molto compatto e ben coeso e la prima lezione, interamente dedicata alla Storia della Fotografia, è filata via liscia come l'olio, risultando molto scorrevole e al tempo stesso piacevole.

Per prima cosa, un pò di storia, perché è fondamentale capire come e soprattutto quando, la fotografia che oggi noi tutti conosciamo, ha avuto origine.

La prima macchina fotografica della storia è stata la Camera Obscura: un apparecchio a tenuta di luce con un foro sul davanti (l'obiettivo), capace di catturare un'immagine proveniente dall'esterno, riproducendola all'interno nella parte opposta al foro, capovolta e rimpiccolita (un pò come succede all'interno dell'occhio umano dove le immagini che noi vediamo vengono proiettate sulla retina).
Giovanni Antonio Canal detto Canaletto
La camera obscura, appunto: fu Aristotele nel quarto secolo a.C. a costruire un marchingegno capace di catturare un immagine e proiettarla su di un foglio di carta. Marchingegno che nei secoli si è perfezionato sempre di più fino alla metà del cinquecento quando venne aggiunta una lente ottica e in seguito un diaframma per migliorarne la qualità dell'immagine. I primi a farne uso furono i pittori paesaggisti: le opere più significative sono sicuramente del Canaletto o di Guardi.

Vista dalla finestra a Le Gras
Poi con la scoperta dei sali d'argento sensibili alla luce tutto cambiò e nacque così una nuova forma d'arte chiamata fotografia.

La prima immagine della storia fu realizzata da Joseph Niépce nel 1827 dalla finestra del suo laboratorio con una lastra di peltro trattata con bitume di Giudea. Per realizzare quell'immagine furono necessarie ben otto ore di esposizione alla luce: è ben evidente nell'esempio qui a fianco, come la luce del sole compare su entrambi i lati dell'immagine. 



Dagherrotipo del 1837



Da lì la fotografia si è evoluta attraverso scoperte incredibili spesso casuali, come quella di Louis Daguerre che, lasciata nel suo armadio chiuso una lastra d'argento sensibilizzata ed esposta alla luce, si accorse successivamente che l'immagine latente si era sviluppata grazie ai vapori di mercurio sprigionati da un termometro che sia era rotto all'interno dell'armadio. Era nato il dagherrotipo.





Con la scoperta della fotografia, uno dei più significativi cambiamenti nella società dell'epoca fu il fatto che il fotografo si sostituì al pittore nella realizzazione di ritratti su commissione.
Ma uno dei maggiori problemi legati alle tecniche in uso come il dagherrotipo o la callotipia, erano i lunghissimi tempi di esposizione dovuti alla scarsa sensibilità dei sali d'argento; tempi di esposizione così lunghi che costringevano i soggetti fotografati, immobilizzati con attrezzature definite "strumenti di tortura medievale", a restare fermi anche per 30 secondi o più.

In tal senso la scoperta di Scott Archer rivoluzionò il mondo della fotografia con l'introduzione di una tecnica chiamata "collodio umido" che consisteva nel trattare superfici di vetro, anziché carta, con una soluzione di fulmicotone disciolto in etere chiamato appunto collodio. Le lastre trattate al nitrato d'argento venivano esposte alla luce ancora umide (da qui il nome collodio umido) e i tempi di esposizione si ridussero drasticamente da 30 a 3 secondi di posa.

La prima macchina Kodak con pellicola

Con la scoperta del negativo fotografico e il sempre più incessante miglioramento dei materiali, la fotografia si diffonde nel mercato di massa con l'uscita di macchine fotografiche portatili come la Kodak che nel 1888 mette in commercio la sua prima macchina fotografica con questo slogan: Voi premete il pulsante, noi facciamo il resto. 
Il sistema era semplice ed accessibile a tutti: si scattavano le foto poi si spediva la fotocamera alla casa madre, la Eastman Kodak, che provvedeva a sviluppare la pellicola, eseguire tutte le stampe, ricaricare la macchina fotografica e rispedire tutto il materiale al committente.


Dopo questo veloce ma significativo passaggio all'interno della storia della fotografia, siamo "tornati" ai giorni nostri, pronti a costruirci "in casa" la nostra primordiale macchina fotografica: il Foro Stenopeico.
Armati di forbici, scotch telato, cartone e la preziosa carta di 
Spagna, elemento fondamentale per la realizzazione del foro, o qualsivoglia, "obiettivo": il tutto plasmato dalle sapienti mani di Francesco, (con il prezioso aiuto dei nostri corsisti), in una delle sue migliori performance in stile Art Attack®! Perché la costruzione di un foro stenopeico è sempre un momento molto divertente: si torna un pò bambini quando c'è da costruire, tagliare e incollare, e tra la curiosità e la sorpresa, ecco la nostra macchina fotografica pronta a regalarci un immagine fotografica non perfetta, certo, ma senza dubbio suggestiva.
E' giusto sottolineare che mai come questa volta il foro stenopeico è venuto così bene: un "buco" talmente perfetto che pareva fatto con il laser (quasi). Naturalmente, come spiegato ai nostri ragazzi, migliore è la qualità del foro, migliore sarà la qualità dell'immagine.

Terminata la fase di assemblaggio, ci siamo spostati in sala posa per la nostra fotografia.

La nostra immancabile modella (compagna di tanti corsi, passati e futuri) Goldfinger è il soggetto migliore per la nostra prima prova. Perché i tempi di esposizione con questa tecnica sono lunghissimi (nel nostro caso, fino a quindici minuti di esposizione alla luce) e scattare con un soggetto umano, a meno che non sia dotato di un'immobilità da "statua di sale", è praticamente impossibile.
Con Goldfinger non abbiamo avuto nessun problema.
Inserito il "negativo" all'interno della nostra camera obscura (costituito da un foglio di carta sensibile alla luce), abbiamo aperto l'otturatore (un foglio nero posto davanti al foro stenopeico) e fatta la nostra fotografia.

Visti i lunghi tempi di esposizione, in attesa di sviluppare in camera oscura la nostra fotografia con la modella, ne abbiamo approfittato per parlare del secondo argomento in programma: i Rayograph!

"La fotografia è la palestra dei pittori mancati". Così Charles Baudelaire definiva la fotografia nel suo scritto critico "il pubblico moderno e la fotografia" partendo dal concetto che al fotografo mancava la virtù del pittore, capace di creare le proprie opere con l'utilizzo di un pennello e non attraverso un mezzo meccanico come la macchina fotografica.



E così Man Ray, pittore, fotografo e regista statunitense, dimostrò che si potevano realizzare delle immagini fotografiche senza l'utilizzo del mezzo meccanico, la macchina fotografica, creando delle foto esclusivamente con l'utilizzo di semplici oggetti appoggiati sulla carta fotosensibile ed esposti alla luce. Il risultato, rivoluzionario per l'epoca, venne poi successivamente definito Rayograph dal nome del suo autore. Un esperienza in camera oscura propedeutica alle lezioni pratiche di stampa ai sali d'argento che affronteremo più avanti nel corso.
E' molto semplice, basta appoggiare degli oggetti su di un foglio di carta sensibile alla luce (il tutto all'interno della camera oscura con la luce rossa di sicurezza) e il gioco è fatto.
Nella realizzazione di un rayograph ci si può sbizzarrire con i più svariati oggetti, sia solidi pieni che trasparenti: l'effetto sarà ogni volta diverso e l'immagine finale unica. 
Si possono usare anche soggetti umani, ma in questo caso si ha bisogno di un formato di carta molto grande, se si vuole stampare una figura intera.

Detto e fatto dei rayograph, abbiamo sviluppato la nostra prima fotografia realizzata con il foro stenopeico. Certo, il risultato non è minimamente paragonabile con una fotografia scattata con una normale macchina fotografica, ma l'effetto, il risultato ottenuto, è sicuramente molto suggestivo e rende perfettamente l'idea che volevamo dare ai nostri ragazzi.



Bene, la prima lezione è andata. Ora ci attende la parte più rognosa e per certi versi, più noiosa: la tecnica fotografica.
Una lezione teorica tutta dedicata allo studio delle varie tecniche fotografiche e sul perché del loro utilizzo. E' una lezione fondamentale, perché per riuscire a scattare una buona fotografia, è bene sapere da dove cominciare.
Al prossimo step.







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