La macchina fotografica: il Foro stenopeico
La prima lezione di ogni corso è sempre un momento "particolare": l'inizio di un percorso che ci vedrà insieme con i nostri ragazzi per due mesi. Otto incontri in cui cercheremo di appassionarli al mondo della fotografia, con la speranza che in qualche modo queste lezioni riescano a "lasciare il segno".
Ci siamo, il corso Base di livello I è al via.
Come preannunciato, quest'anno si cambia con la formula del "fifty-fifty": 50% teoria e 50% pratica.
E così tutti a lavoro con la costruzione del primo apparecchio fotografico della storia: il foro stenopeico.
Già Aristotele nel quarto secolo a.C. costruì un marchingegno (della dimensione di una stanza) capace di catturare un immagine e proiettarla su di un foglio di carta. Marchingegno che nei secoli si è perfezionato sempre di più fino alla metà del cinquecento quando venne aggiunta una lente ottica e in seguito un diaframma per migliorarne la qualità dell'immagine.
Giovanni Antonio Canal detto Canaletto
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I primi a farne uso furono i pittori paesaggisti: le opere più significative sono sicuramente del Canaletto o di Guardi: le proiezioni durante la lezione hanno aiutato i nostri ragazzi a capire meglio l'uso che si faceva della camera obscura.
Poi fu un medico tedesco, Jhoann Schulze, a dare una svolta epocale alla fotografia grazie alla scoperta dei sali d'argento sensibili alla luce.
Vista dalla finestra a Le Gras
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Dalla prima immagine della storia, realizzata da Joseph Niépce nel 1827 dalla finestra del suo laboratorio con una lastra di peltro trattata con bitume di Giudea, la fotografia si è evoluta attraverso scoperte incredibili spesso casuali, come quella di Louis Daguerre che, lasciata nel suo armadio chiuso una lastra d'argento sensibilizzata ed esposta alla luce, si accorse successivamente che l'immagine latente si era sviluppata grazie ai vapori di mercurio sprigionati da un termometro che sia era rotto all'interno dell'armadio. Era nato il dagherrotipo.
Dagherrotipo del 1837
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Contemporaneamente a Daguerre, in un altro angolo del mondo, Henry Fox Talbot, al quale si può attribuire la scoperta del "callotipo", realizzò delle immagini negative su carta trattata con nitrato d'argento e sale comune che, stampata per contatto, dava delle immagini positive. Era nato il negativo fotografico.
Fatta la doverosa premessa storica, i nostri ragazzi nel frattempo si accingevano ad aiutare Francesco (nostro indiscusso "mago del foro") nella realizzazione della nostra macchina d'epoca.
Il momento Art Attack® del corso è ludico, come sempre...
Finito di assemblare il foro stenopeico, ci siamo spostati in sala posa per realizzare lo scatto che ci permetterà di ottenere il negativo della nostra immagine: la nostra imprescindibile modella.
Di solito, nei corsi precedenti, il risultato finale non ci lasciava mai soddisfatti perché per un motivo o per l'altro, la foto non era mai di nostro gradimento.
Questa volta no, questa volta siamo davvero contenti: proprio un bel lavoro: giudicate voi!
A sinistra c'è il negativo realizzato con il foro stenopeico, nel quale abbiamo inserito un foglio di carta fotografica (nello specifico carta bianco e nero) ed esposto alla luce per quindici minuti. Poi successivamente lo abbiamo sviluppato in bacinella per un minuto e mezzo e correttamente fissato con iposolfito di sodio (vedremo meglio la Camera Oscura nella lezione specifica).
Una volta asciugato il nostro negativo, per ottenere l'immagine in positivo non è bastato far altro che mettere a sandwich il negativo con un altro foglio di carta fotografica con le medesime dimensioni (10x15 cm) ed esporlo alla luce di un ingranditore per il tempo necessario affinché la stampa finale sia corretta in densità e contrasto.
"con la conversione in digitale si fa prima, ma la "poesia" è una cosa diversa..."
Ma come funziona in realtà il nostro foro stenopeico: esattamente come la nostra macchina fotografica, che sia in pellicola o digitale con l'unica differenza che, mentre nel foro stenopeico l'immagine trasportata dalla luce arriva diretta sul piano pellicola (proprio come succede nel Banco Ottico o negli apparecchi fotografici a pozzetto) e risulta rimpiccolita e capovolta (proprio come all'interno dell'occhio umano), sulla nostra Reflex la luce viene "deviata" da una serie di specchi posta all'interno del dorso e del pentaprisma, che ci permettono di vedere l'immagine correttamente.
Nella foto a fianco si può notare perfettamente il percorso che la luce fa all'interno della macchina fotografica.
Quando stiamo inquadrando un soggetto, noi vediamo l'immagine al dritto grazie agli specchi; poi al momento dello scatto lo specchio, posto subito dietro l'obiettivo, si alza facendo in modo che la luce colpisca il negativo o il sensore posto sul fondo del dorso.
Abbiamo scattato una fotografia!
L'ultima parte della lezione la dedichiamo sempre ad un artista che con un'idea dalla semplicità assoluta ha saputo realizzare delle immagini molto suggestive.
Stiamo parlando di Abelardo Morel.
Bene, la prima lezione del corso base Gen/Mar 2014 è in archivio.
Martedì prossimo cominceremo ad affrontare i concetti fondamentali: siamo soltanto all'inizio...
Nella foto a fianco si può notare perfettamente il percorso che la luce fa all'interno della macchina fotografica.
Quando stiamo inquadrando un soggetto, noi vediamo l'immagine al dritto grazie agli specchi; poi al momento dello scatto lo specchio, posto subito dietro l'obiettivo, si alza facendo in modo che la luce colpisca il negativo o il sensore posto sul fondo del dorso.
Abbiamo scattato una fotografia!
L'ultima parte della lezione la dedichiamo sempre ad un artista che con un'idea dalla semplicità assoluta ha saputo realizzare delle immagini molto suggestive.
Stiamo parlando di Abelardo Morel.
Abelardo Morel© |
Martedì prossimo cominceremo ad affrontare i concetti fondamentali: siamo soltanto all'inizio...
Ottimo inizio!
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