Corso Base terza lezione: dalla teoria alla pratica



Missione Goldfinger


Che gruppo!!! affiatato, partecipe, interessato anche ai più piccoli dettagli: non smettono di fare domande e quando non lo fanno, gli si legge negli occhi che vorrebbero farlo ma evitano per l'imbarazzo, convinti forse (niente di più sbagliato) che a noi dia fastidio dare loro continue risposte. Ragazzi!!! siamo qui per questo e non c'è migliore soddisfazione che avere dei corsisti che bramano dalla voglia d'imparare. Un inizio con il botto!



Ieri sono stati tutti (più o meno) puntuali: segno che l'accorato appello è stato accolto positivamente e di questo siamo grati (poi non si finisce prima della mezzanotte ma questa è un'altra storia).

La terza lezione del corso base è stata interamente dedicata alla messa in pratica di quei concetti fondamentali affrontati nella lezione di teoria: tempi di posa, diaframmi, profondità di campo, effetto mosso o congelato
Inoltre, abbiamo (per così dire) aperto la strada a quelli che saranno i prossimi argomenti: obiettivi ed esposimetro.

Il tema della lezione è: Missione Goldfinger in onore alle nostre "splendide" modelle che pazientemente ci hanno assistito per tutta la durata della lezione.

Come sottolineato nella lezione precedente dedicata alla teoria, perché è così importante capire come funziona la profondità di campo e come questa cambia a seconda del tipo di diaframma utilizzato o del tipo di obiettivo che viene montato sulla macchina fotografica? perché è grazie alla profondità di campo che si può dare un impronta personale alla foto; perché è grazie ad essa se possiamo evidenziare un soggetto piuttosto che un altro

E' bene ricordare (per i nostri ragazzi) la regoletta in grassetto sulla profondità di campo.

"la profondità di campo è quello spazio che esiste davanti e dietro ad un soggetto a fuoco, che risulti completamente nitido"

Appurato il concetto, non ci resta che mettere in pratica cominciando dalla preparazione del set fotografico: gli scatti sono stati realizzati con un Hasselblad H3.

Focale 120mm f 45
Decidiamo di fotografare un gruppo di persone (le nostre Goldfinger) che si trovano in piani differenti rispetto alla nostra macchina fotografica. La messa a fuoco cadrà sul soggetto in primo piano, ma come vogliamo che risultino i soggetti immediatamente dietro? nitidi, quindi che partecipano in modo attivo alla scena rappresentata? oppure completamente sfocati, in modo da risultare meno presenti all'occhio dell'osservatore? la profondità di campo ci viene in soccorso.
Abbiamo realizzato due scatti, entrambi con la medesima inquadratura e con lo stesso obiettivo (una focale di 120mm), in cui nel primo abbiamo impostato un diaframma molto chiuso (f45); nel secondo caso il diaframma è stato aperto a f4. 
Focale 120mm f 4
La differenza di risultato è evidente: nel primo caso, tutti i soggetti sono risultati completamente nitidi (a fuoco), mentre nel secondo caso, usando un diaframma a massima apertura, il soggetto in primo piano è stato maggiormente evidenziato grazie alla sfocatura dei soggetti subito dietro.

La profondità di campo (insieme alla scelta dell'obiettivo e dell'inquadratura), quando si vuole mettere in evidenza un dettaglio rispetto allo sfondo (ma anche il contrario, cioè evidenziare un soggetto in lontananza sfocando tutti quelli che sono più avanti, sempre rispetto alla macchina fotografica), è fondamentale.
Ricapitolando, possiamo affermare che la quantità di spazio (profondità di campo) che risulterà completamente nitida è determinata dal valore di diaframma: maggiore sarà l'apertura, minore sarà la profondità di campo e viceversa. Ma non solo.

Infatti, non è solo il valore del diaframma a determinare la profondità di campo (da adesso solo PdC), ma anche il tipo di lunghezza focale che utilizziamo (obiettivo).

Esistono diverse categorie di obiettivi: noi ora ci concentreremo su due di queste in particolare: il teleobiettivo e il grandangolo.

Il teleobiettivo ha la caratteristica di ingrandire il soggetto o la scena fotografata: cioè avvicinare maggiormente al nostro occhio quello che stiamo inquadrando (un pò come un binocolo), che per effetto del fenomeno detto "appiattimento dei piani", è diverso dall'avvicinarsi con la macchina fotografica al soggetto da fotografare. Questa sua capacità si riflette sull'angolo di campo (cioè tutto quello che vediamo dal mirino della fotocamera). Più è grande la lunghezza focale, minore sarà l'angolo di campo

Focale 200mm teleobiettivo f 4
Il grandangolo (all'opposto del teleobiettivo) ha la caratteristica di allontanare il soggetto o la scena fotografata dal nostro occhio: anche in questo caso, per effetto della prospettiva, è diverso dall'allontanarsi con la macchina fotografica perché i soggetti in primo piano risulteranno essere più grandi della realtà. I grandangoli hanno una lunghezza focale minima ma un angolo di campo maggiore a seconda del tipo.

In seguito approfondiremo meglio l'argomento obiettivi: intanto torniamo al nostro esercizio.

Focale 28mm grandangolo f 4
Nei due scatti successivi, realizzati con la stessa apertura di diaframma (f 4), si può notare come la PdC sia differente quando, nel caso della prima foto, utilizziamo una focale molto lunga (teleobiettivo 200mm), rispetto alla seconda in cui abbiamo utilizzato una focale minima (grandangolo 28mm). Nella prima foto il soggetto in primo piano è evidenziato rispetto allo sfondo (soggetti in secondo piano) completamente sfocato; nella seconda, tutti i soggetti sono (quello in primo piano maggiormente) completamente a fuoco. 



Da questo ne possiamo dedurre che, a parità di diaframma (in questo caso f 4), la PdC è minore se utilizziamo una focale molto lunga (teleobiettivo), e maggiore se invece utilizziamo una focale molto corta (grandangolo).

In conclusione, la PdC è determinata dal valore di diaframma (aperto o chiuso) e dal tipo di lunghezza focale (teleobiettivo o grandangolo).

Entrambe le foto sono corrette (come per l'esercizio precedente); entrambe sono foto che possono emozionare oppure lasciare indifferenti. La fotografia è soggettività, non dogma. 
Però, ed è quello che a noi importa, tutte sono "espressione delle nostre scelte al momento dello scatto".
Nonostante le tante domande dei nostri corsisti, qualche dubbio resta, nei loro occhi: quello che possiamo dire è che attraverso la pratica (fotografate fotografate fotografate) anche i più piccoli dubbi scompariranno.

Messa da parte la PdC, ci siamo occupati dei tempi di posa e di come si possono realizzare delle fotografie (in apparenza errate) molto suggestive.

Nella scorsa lezione abbiamo parlato del tempo di posa, cioè della durata in cui l'otturatore della macchina fotografica lascia passare la luce fino alla pellicola o al sensore, nel caso del digitale. A seconda di questo tempo si può scegliere se realizzare una foto completamente ferma (effetto congelato), oppure mossa.

Tempo di posa 1/8 di secondo
Come nel primo esercizio, anche qui abbiamo effettuato due scatti, utilizzando due differenti tempi di posa: naturalmente, al contrario dell'esercizio precedente, avevamo bisogno che la nostra modella in primo piano si muovesse: ci ha pensato Enrico a portarla a spasso per lo studio.



Tempo di posa 1/500 di secondo
Nel primo scatto il tempo di posa utilizzato era di 1/8 di secondo; nel secondo il tempo di posa era di 1/500 di secondo. Come si può notare, nella prima immagine il soggetto in primo piano sembra quasi scomparire all'occhio dell'osservatore: questo perché con un tempo lungo, il sensore (ma anche la pellicola), non riesce a fissare l'immagine in movimento. Questo tipo di tecnica viene usato molto nelle fotografie di piazze o monumenti dove si vuole nascondere eventuali "disturbi" se ci sono delle persone o delle macchine in movimento. Ancora, possiamo ben vedere questo tipo di fenomeno nelle foto notturne quando nelle strade non si vedono le macchine ma soltanto la loro scia delle luci accese dei fari. Ma gli esempi sono tanti.
Nella seconda foto invece, tutta la scena è completamente ferma (anche se Enrico muoveva di buona lena la nostra modella). Questo perché il tempo di posa di 1/500ds è talmente veloce che tutto quello che è in movimento viene bloccato, appunto, congelato.

La scelta del tempo di posa è importante a seconda dell'effetto che vogliamo ottenere: ricordate sempre, siete voi che dovete decidere come emozionare l'occhio dell'osservatore con la vostre immagini.


Naturalmente, quando fotografiamo, sia la scelta del tempo di posa che del diaframma non possono essere fatte solo in funzione della PdC o se vogliamo una foto mossa o congelata: questa scelta deve sempre tenere conto della quantità di luce presente nell'ambiente o situazione in cui stiamo fotografando. Grazie all'esposimetro, è la coppia tempo/diaframma (EV) a determinare la corretta esposizione della foto: che sta alla base di tutto. 
Ma, tenendo conto del fatto che le moderne macchine fotografiche ci vengono in aiuto grazie ad una serie di automatismi (a priorità dei tempi, piuttosto che dei diaframmi), capire bene questi concetti permetterà ai nostri corsisti (ancora troppo "acerbi" per utilizzare esclusivamente la macchina fotografica in modalità manuale) di operare le loro prime scelte, privilegiando la PdC (scattando a priorità dei diaframmi) oppure il mosso o il congelato (con la priorità dei tempi).
La funzione Program è bandita dal corso, sappiatelo!!!

Ma sarà nella prossima lezione, sempre di scatto in studio, che affronteremo gli argomenti riguardanti la corretta esposizione e gli automatismi (oltre ad approfondire gli obiettivi).

Nel frattempo, a lezione oramai conclusa, godiamoci 'sto ben di dio: alla salute!

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